Poi c’è Charlie che bestemmia sempre. Per niente elegante, gesticola e impreca contro il mondo, “mia madre che m’ha fatto”. Su questo argomento mi trova d’accordo. Se la mamma avesse evitato, povera donna, avremmo vissuto tutti meglio. Agli operai però piaceva. Prima di tutto è grasso. Poi ha l’atteggiamento del “perdente”. La cosa più naturale che viene da fare è di aiutarlo, faticosamente, e anche inutilmente. Qualsiasi patema si cercasse di risolvergli, era, dopo pochi istanti, succeduto da quello nuovo, accompagnato sempre dal rosario di bestemmie. Un vero delirio. È che senza volerlo ci si ritrova a vivere nell’inferno, ci si entra piano piano e sembra che non ci possa essere altra soluzione che svegliarsi ogni mattina e ripercorrere lo stesso cammino del giorno prima, senza trovare la forza di affrontare il fatto che, forse, è indispensabile interrompere questo meccanismo. Un calcio nel culo e un bel “fottiti” e quel demonio obeso, con tutto il suo corollario avrebbe cessato di essere. Io ero l’ago della bilancia che cercava di mantenere l’equilibrio di questa follia, pensando di fare il bene di tutti, o meglio assecondando quello che era la volontà assoluta di mio padre: suo figlio nella sua fabbrica a ogni costo. Non sono mai riuscita a spiegarmi le ragioni di questo accanimento, se non per un puro esercizio di testardaggine, per incapacità di mio padre di ammettere a se stesso che il sangue del suo sangue era un prodotto di scarto, completamente avariato. Bisogna essere allenati all’onestà intellettuale più incondizionata e feroce per potere ammettere a se stessi che il proprio figlio è un incapace, o meglio, un delinquente. Per debolezza, o pigrizia, o come direbbe lo psicanalista, perché non riusciva a fare diversamente, ha cercato di restare in equilibrio senza cambiare le situazioni, senza dovere scegliere. E l’ha pagata. Tutta.
Charlie ha sempre e solo avuto un interesse nella vita, forse due. Il cibo. E il denaro. Facile, ovviamente, e tanto. L’unica cosa che lo fa smettere di imprecare è quando mangia, sempre senza ritegno o limite e quando intasca. Quando si compra un’auto nuova o quando spende. Ma dura sempre troppo poco. Poi si riappropria della maschera da vittima incompresa povera e brutta e così di nuovo tutti a 90° per cercare di aiutarlo. Aiutarlo in cosa, fondamentalmente? Con il senno di poi a incularci tutti, con il senno di allora a uscire continuamente da situazioni di finta emergenza, in quanto erano semplici ostacoli quotidiani. Ma se lui non le avesse rese montagne insormontabili, nessuno lo avrebbe più considerato una vittima e presto sarebbe uscita l’altra faccia della medaglia. Quella di Charlie che fa la bella vita e che non si fa mancare nulla e allora non avrebbe più potuto fottere nessuno. Tutto molto banale e infantile ma assolutamente micidiale. Questo gioco dei ruoli gli aveva scavato talmente dentro da fargli vivere due realtà assolutamente parallele. Solo per puro calcolo.
Se così, a un bambino viziato di questo calibro, gli si dà in mano un patrimonio e se questo trova anche dei collaboratori degni della sua delinquenza, allora si compie il disastro. Sempre con il senno di poi, perché mentre ci si è dentro, sembra tutto normale, e questa pseudo normalità che divora nel quotidiano è la vera anima del male.